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Generazione Alpha: il 78% è preoccupato per l’ambiente

Sostenibilità e educazione climatica occupano il secondo posto tra le principali dieci aree tematiche che gli studenti italiani vorrebbero approfondire, posizionandosi appena dopo lo sviluppo tecnologico.
In Italia, il 78% dei ragazzi ella Gen Alpha si dice preoccupato per l’ambiente e il 76% vuole contribuire attivamente nella costruzione di una società più equa e sostenibile per tutti. 

Questo è quanto è emerso dal GoStudent Future Education Report 2024, l’annuale report elaborato in collaborazione con Edelman Data e Intelligence, e condotto su oltre 5000 genitori/tutori e più di 5000 giovani tra 10 e 16 anni, in 6 diversi Paesi (Austria, Germania, Francia, Spagna, Italia e Regno Unito).

Matematica e inglese sono le materie preferite

Sebbene il dato possa sorprendere, i dati hanno rilevato come preferite dagli studenti due materie, matematica e inglese, che storicamente sono quelle detestate, a dimostrazione di un cambio radicale nella cultura e nel tessuto sociale nazionale.

Un mondo sempre più interconnesso, globale e digitalizzato richiede alla Gen Alpha di comprendere l’importanza di acquisire competenze scientifiche e linguistiche. La matematica, infatti, è stata considerata la disciplina fondamentale per il futuro delle professioni orientate alla tecnologia e alla sostenibilità. Le materie Stem (Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) occupano un ruolo cruciale nell’offrire le competenze necessarie per affrontare le sfide globali e cogliere opportunità nel mondo moderno.

La questione delle competenze è più che mai cruciale

Il 74% dei giovani italiani chiede un maggior supporto nella scelta della giusta direzione per il proprio futuro (70% media europea). Per affrontare le sfide future, però, sorprende l’esigenza di coltivare competenze trasversali, tra cui problem solving, creatività e resilienza allo stress. Ma solo un terzo dei giovanissimi in Italia ritiene che la scuola fornisca gli strumenti necessari a intraprendere la carriera dei propri sogni.

Secondo la Commissione europea, il 77% delle imprese ha difficoltà ad assumere lavoratori con le capacità richieste. Non a caso, 8 genitori italiani su 10 ritengono essenziale stabilire una maggiore interdipendenza tra le materie studiate a scuola e la realtà quotidiana (83% vs 81% media europea) e chiedono un’istruzione che riesca a coniugare le materie didattiche con attività extracurricolari come sport, musica o volontariato (82%).

“I ragazzi hanno il potenziale per rendere il mondo un posto migliore”

“Abbiamo ascoltato le opinioni di migliaia di ragazzi e dei loro genitori, oltre che degli insegnanti di tutta Europa, desiderosi di vedere l’apprendimento evolversi per adattarsi al mondo di oggi e del futuro – afferma Felix Owshald, ceo e co-fondatore di GoStudent -. Quello che abbiamo capito è che, se aiutati e guidati nelle sfide quotidiane, i ragazzi hanno il potenziale per rendere il mondo un posto migliore, più attento ai temi dell’inclusività, della sostenibilità e dell’equità sociale”.

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Sanità: dalle app all’AI il futuro della medicina europea è digitale

Gli scienziati europei, sotto la guida di esperti dell’Università Cattolica di Roma, stanno lavorando per mettere a punto una piattaforma in grado di valutare oggettivamente efficacia e affidabilità delle tecnologie digitali in campo medico.

Si tratta del progetto di ricerca di Health Technology Assessment (HTA) applicato alle tecnologie sanitarie digitali (DHTs), The first European Digital Health Technology Assessment framework co-created by all stakeholders along the value chain (EDiHTA), finanziato con 8 milioni di euro nell’ambito di Horizon.
Insomma, dalle app alle visite da remoto fino all’Intelligenza artificiale a scopo diagnostico, e più in generale, a supporto dei clinici nello scegliere le cure migliori per ogni paziente, la tecnologia è al servizio della sanità del futuro.

Migliorare la qualità delle cure e ridurre le disuguaglianze di accesso contenendo i costi

L’adozione di soluzioni di telemedicina, app per la salute e di strumenti basati sull’Intelligenza artificiale, può non solo migliorare la qualità delle cure, ma anche ridurre le disuguaglianze di accesso e contenere i costi.

Nel 2020 il COVID ha imposto un’accelerazione alla trasformazione digitale dei servizi sanitari.
In Italia, le cartelle cliniche elettroniche, i pagamenti online e le prescrizioni digitali sono state rapidamente implementate.

La piattaforma verrà testata negli ospedali europei   

EDiHTA proporrà dunque il primo framework digitale di Health Technology Assessment, che sarà specificamente dedicato alle tecnologie digitali, per valutare la telemedicina, le app mediche, l’Intelligenza artificiale a diversi livelli geografici (nazionale, regionale e locale) e istituzionali, come le strutture ospedaliere.
La piattaforma verrà testata negli ospedali europei.

L’obiettivo finale è quello di creare un sistema che aiuti a prendere decisioni mirate su quali tecnologie sanitarie digitali adottare. In particolare, su come integrare le tecnologie al meglio nel percorso clinico dei pazienti, e come utilizzarle in merito alle decisioni di politica sanitaria da adottare per la gestione degli ospedali.

Un progetto che coinvolge università, ospedali e l’European Health Management Association 

Il progetto ha come centro coordinatore l’Università Cattolica e vede come Principal investigator Americo Cicchetti, attualmente Direttore generale alla Programmazione del Ministero della Salute, e come co-PI Dario Sacchini, Associato Medicina Legale all’Università Cattolica e Bioeticista.

Il consorzio di EDiHTA comprende 16 partner da 10 Paesi europei: Belgio, Danimarca, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svizzera.
Al progetto partecipano, tra gli altri, università, agenzie di HTA, ospedali, una associazione di pazienti, una ONG specializzata in HTA, l’European Patients’ Forum e l’European Health Management Association.

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Lavoratori introvabili: esperti in sicurezza informatica, anestesisti e colf

Lo ha scoperto Indeed, la piattaforma per chi cerca e offre lavoro, esaminando gli annunci di lavoro postati sul portale dal 1° gennaio alla fine di novembre 2023. Esperti in sicurezza IT, ma anche colf conviventi e anestesisti, sono le posizioni di più difficile reperimento.
Più del 75% degli annunci di ricerca per posizioni di Security engineer è infatti rimasto aperto per oltre 60 giorni. Simile la situazione per le ricerche di Cybersecurity engineer (72%).

Ma la classifica delle cosiddette posizioni ‘hard to fill’, ovvero quelle che rimangono scoperte per 2 mesi o più, comprende anche hair stylist e radiologi.

Cercasi disperatamente sviluppatori java

L’evoluzione tecnologica ha portato a un aumento esponenziale dei dati digitali e delle informazioni sensibili condivise online. Questo ha reso le organizzazioni più vulnerabili a cyber attacchi, hacking e furti di dati. E per proteggersi, le aziende hanno bisogno di professionisti altamente qualificati in grado di garantire la sicurezza delle loro reti e dei loro sistemi.

Di fatto, le altre posizioni legate al mondo Ict che figurano in classifica vanno dal ‘digital sales account’, in quarta posizione, al ‘firmware engineer’, settimo classificato. E poi ancora, ‘sviluppatore java’ (11°), ‘ingegnere elettronico’ (12°) e ‘sviluppatore front end’ (13°), con, rispettivamente il 59%, 58% e 55% di annunci che rimangono aperti per oltre 60 giorni.

Il potere negoziale dei professionisti IT

Dati che indicano chiaramente una forte domanda di professionisti IT nel mercato del lavoro italiano, ma che la carenza di candidati qualificati non è in grado di colmare questo divario, rendendo queste posizioni difficili da coprire.

“In un mondo sempre più digitalizzato, i ruoli legati alla sicurezza IT sono tra i più richiesti sul mercato – afferma Roberto Colarossi, senior sales director per Indeed in Italia -. Un settore che offre numerose opportunità per i professionisti attuali e futuri di costruire carriere gratificanti e durature. Senza dimenticare che i professionisti con competenze avanzate in questi settori hanno un grande potere negoziale quando si tratta di stipendi e benefici”.

Non si trovano medici

Con quasi il 68% degli annunci di lavoro che rimane scoperto per oltre 60 giorni, al quinto posto della classifica si posizionano colf conviventi, difficili da trovare quasi quanto gli hair stylist, che occupano il sesto posto (67%).
La carenza di medici su tutto il territorio nazionale poi non è una sorpresa, situazione che si riflette anche nell’analisi di Indeed. Tanto che anestesista (8°), radiologo (9°) e neurologo (10°) presentano una percentuale significativa di offerte di lavoro ancora aperte dopo 60 giorni, con rispettivamente il 62%, il 60% e il 59%, riferisce Adnkronos.

“Dall’Ict alla sanità, le competenze richieste sono sempre più specializzate e la domanda di professionisti qualificati supera spesso l’offerta – aggiunge Colarossi -. Questo sottolinea l’importanza da parte di aziende e istituzioni di investire nella formazione continua e nello sviluppo delle competenze per favorire l’incontro tra domanda e offerta”.

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Famiglie e inflazione: una sfida inattesa

Nel 2022 e nel 2023 risparmiatori e investitori si sono mossi senza panico, ma con tanta prudenza da sembrare paralizzati. I risparmiatori italiani, da sempre favorevoli al ‘mattone’, a non rischiare, rispettosi della Borsa, sanno di dover risparmiare di più, ma sottovalutano la differenza tra investimenti prudenti e investimenti efficienti. Stentano a prendere decisioni: non scongelano l’iceberg di liquidità, tornano verso l’investimento obbligazionario, ma più per toccare il meno possibile i portafogli che per intraprendere un nuovo viaggio.

Tuttavia, servirebbero un po’ di competenza e istruzione finanziaria, sia per i giovani e per gli adulti.
Emerge da ‘L’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani condotta da BVA Doxa per Intesa Sanpaolo e il Centro Einaudi nel corso del 2023.

Malgrado le difficoltà l’autonomia reddituale resiste

Di fatto, il 95% delle famiglie dichiara di essere finanziariamente indipendente, in aumento rispetto al 93% del 2022, a conferma che, malgrado le difficoltà dello scenario, l’autonomia reddituale resiste.
La quota delle famiglie che riescono a risparmiare si porta sui valori massimi del pre-pandemia (54,7% vs 53,5% 2022). Sale anche la percentuale media di reddito risparmiata (12,6%, dall’11,5% del 2022).

Tra le motivazioni del risparmio, spiaccano la casa (30%) e i figli (16%). Solo il 5% degli intervistati dichiara di aver accantonato risorse per far fronte all’aumento dei prezzi. Per un terzo del campione, il risparmio è genericamente precauzionale, cioè senza un’intenzione precisa.

Per gli investitori la Borsa resta un terreno da dissodare

Tra gli investimenti finanziari salgono le obbligazioni, che raggiungono il 28% dei portafogli di chi le detiene e assorbono in parte la flessione del risparmio gestito. La Borsa resta un ‘terreno da dissodare’: vi ha operato negli ultimi 12 mesi solo il 4,2% del campione. Nell’ambito degli investimenti alternativi, dominano l’oro (interessa il 23% degli intervistati) e i fondi etici ESG (13%).

Malgrado una crescente sensibilità ai rischi, l’86% degli intervistati dichiara di non aver sottoscritto un’assicurazione per coprire le spese mediche, e il 68% non ha un’assicurazione vita.

Meglio il mattone, l’oro o i beni rifugio?

Solo il 38% è in grado di dare una definizione corretta dell’inflazione. Oltre un quarto la confonde con il livello dei prezzi, qualcuno con il deprezzamento della valuta, altri con lo scostamento dal target della Banca Centrale Europea.
A conferma di questa difficoltà di orientamento, oltre un terzo circa degli intervistati indica la detenzione di liquidità e obbligazioni a tasso fisso tra i comportamenti più idonei da tenere nel caso di inflazione. Il 30% cita invece il ‘mattone’, poco più del 10% l’oro e i ‘beni rifugio’.

A fronte del ritorno dell’inflazione, le famiglie italiane hanno avuto il buon senso di non vendere tutto per panico e continuare a risparmiare. Emerge tuttavia chiara l’esigenza di maggiore competenza e alfabetizzazione finanziaria, sia per i giovani sia per gli adulti, per poter affrontare con consapevolezza il nuovo contesto.

La qualità dell’aria a Torino

Torino, come molte altre città italiane, è interessata da problemi di inquinamento atmosferico, il che ha ovviamente un impatto sulla salute dei cittadini.

Quello della qualità dell’aria è per questo un tema sempre più importante l’opinione pubblica, prima ancora che per l’amministrazione comunale il cui dovere è quello di provvedere al benessere delle persone.

Vediamo per questo motivo in dettaglio quali sono i principali problemi di qualità dell’aria a Torino e cosa si può fare per migliorare la situazione.

Principali problemi di qualità dell’aria a Torino

Secondo i dati del sito dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente del Piemonte, circa l’80% dell’inquinamento dell’aria presente a Torino proviene dai motori delle auto e tutti quegli inquinanti prevalentemente legati alla combustione di idrocarburi.

Dunque i principali inquinanti atmosferici a Torino sono:

  • PM10: particolato atmosferico con diametro inferiore a 10 micron. Può causare problemi respiratori, cardiovascolari e neurologici.
  • NO2: biossido di azoto. Può causare problemi respiratori, cardiovascolari e oculari.
  • O3: ozono troposferico. Può causare problemi respiratori, cardiovascolari e neurologici.

Cause dell’inquinamento dell’aria a Torino

Cosa è in dettaglio a generare tutto ciò? Per rispondere a questa domanda possiamo dire che le principali cause dell’inquinamento dell’aria a Torino sono:

  • Il traffico veicolare, ovvero la principale fonte di inquinamento atmosferico a Torino.
  • Le attività industriali, le quali contribuiscono all’inquinamento atmosferico con le emissioni di PM10 e NO2.
  • Le attività agricole, che contribuiscono all’inquinamento atmosferico, anche loro con le emissioni di vario tipo tra cui anche ammoniaca.

Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute

L’inquinamento atmosferico può avere gravi effetti sulla salute delle persone, in particolare su quelle più vulnerabili come i bambini, gli anziani e le persone con patologie respiratorie o cardiovascolari.

Gli effetti più comuni dell’inquinamento atmosferico sulla salute sono:

  • Problemi respiratori: l’inquinamento atmosferico può causare irritazione delle vie respiratorie, asma, bronchite e polmonite.
  • Problemi cardiovascolari: l’inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di infarto, ictus e insufficienza cardiaca.
  • Problemi neurologici: l’inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di demenza e Parkinson.
  • Problemi riproduttivi: l’inquinamento atmosferico può ridurre la fertilità e aumentare il rischio di aborto spontaneo.

Possibili soluzioni per migliorare la qualità dell’aria a Torino

Per migliorare la qualità dell’aria nel capoluogo piemontese è necessario intervenire a monte sulle cause dell’inquinamento.

Tra le possibili soluzioni si possono considerare le seguenti:

  • Ridurre l’uso del mezzo privato: è la soluzione più importante per ridurre l’inquinamento atmosferico in città. Si può intervenire incentivando l’uso dei mezzi pubblici, della bicicletta e dei mezzi di trasporto sostenibili.
  • Ridurre le emissioni industriali: le attività industriali devono adottare misure (filtri, e non solo) per ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici.
  • Ridurre le emissioni agricole: anche le attività agricole possono adottare misure mirate per ridurre le emissioni inquinanti.

Il ruolo dei cittadini nel miglioramento della qualità dell’aria

I cittadini di Torino possono svolgere un ruolo importante nel miglioramento della qualità dell’aria nel capoluogo piemontese.

Ecco cosa è possibile fare:

  • Ridurre l’uso delle auto: è la soluzione più importante per ridurre l’inquinamento atmosferico a Torino. I cittadini possono scegliere di usare i mezzi pubblici, la bicicletta o il treno quando possibile.
  • Ridurre il consumo di energia: i cittadini possono ridurre il consumo di energia limitando l’uso degli elettrodomestici, spegnere le luci quando non servono e isolare termicamente le proprie abitazioni.
  • Sostenere le energie rinnovabili: i cittadini possono considerare l’idea di far installare nuovi impianti fotovoltaici Torino su edifici e condomini per ridurre la dipendenza da fonti fossili, che sono una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico.

Conclusione

La qualità dell’aria a Torino è una materia importante che è già all’oridne del giorno per l’amministrazione comunale, un problema importante che deve va risolto.

È necessario un impegno da parte di tutti, cittadini, istituzioni e imprese, per ottenere questo risultato e tutelare così la salute pubblica ed il benessere delle persone.

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Credito al consumo: nel weekend del Black Friday +8% di richieste

Nel corso del fine settimana del Black Friday e del Cyber Monday, dal 24 al 27 novembre scorsi, la domanda di credito al consumo è aumentata del +8% rispetto alla media del mese precedente.
Inoltre, le richieste di Buy now, pay later (le richieste di finanziamento effettuate e gestite tramite canali digitali) e quelle di dilazioni di pagamento (la formula di finanziamento che si effettua presso retailer convenzionati) hanno registrato gli incrementi maggiori.

A trainare la crescita sono i giovani della Gen Z, i nati dopo il 1996, e i Millennials, i nati dopo il 1981.
È quanto emerge da uno studio CRIF, effettuato sul patrimonio informativo di EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF – Centrale Rischi Finanziari.

Una crescita guidata da Gen Z e Millennials

In particolare, CRIF registra complessivamente un +74% per quanto riguarda le richieste di Buy now, pay later, e un +52% per le Dilazioni di pagamento.
Quanto all’età del richiedente, l’analisi evidenzia come la crescita della domanda nel periodo Black Friday rispetto al precedente periodo di ottobre-novembre sia guidata dai Gen Z e dai Millennials.

Infatti, “l’incidenza di queste generazioni più giovani è aumentata nel Black Friday rispetto alle settimane immediatamente precedenti, in particolare per quanto riguarda gli strumenti di credito innovativi, dove i nati dopo il 1981 sono quasi i due terzi dei richiedenti e segnano un +72% delle richieste di ‘Buy now, pay later’ e dilazioni di pagamento”, spiega Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.

Le dilazioni di pagamento registrano un’impennata del +95%

“Va comunque segnalato che la penetrazione di queste forme più innovative di credito aumenta anche per le generazioni più anziane, i nati prima degli anni ’80, a conferma di un cambiamento delle abitudini di pagamento che influenza tutte le fasce di età”, aggiunge Capecchi.
Se si guarda al confronto tra il periodo del Black Friday di quest’anno rispetto al 2022 emerge complessivamente un aumento limitato della domanda di credito al consumo (+2%), trainato proprio dalle nuove forme di finanziamento. Le dilazioni di pagamento registrano infatti una impennata del +95%.

Prestiti finalizzati -17%, Prestiti Personali +32%

Per le forme di finanziamento più tradizionali, come i Prestiti Finalizzati, ma non per l’auto, si riscontra un considerevole calo: -17% rispetto al Black Friday 2022. I Prestiti Personali, al contrario, registrano una ripresa significativa: +32% rispetto al periodo precedente.
L’analisi CRIF ha anche indagato l’andamento della domanda di credito al consumo a livello di area geografica.

In questo caso, le richieste di credito nel periodo del Black Friday sono aumentate in particolare in Emilia-Romagna, Campania e Friuli–Venezia Giulia.

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Conoscenza civica: gli alunni italiani superano la media internazionale

Studentesse e studenti italiani si dimostrano molto interessati e attenti a questioni come parità tra i sessi, diritti degli immigrati e sostenibilità ambientale. E hanno un grado di conoscenza civica superiore alla media internazionale, ma le differenze geografiche tra le regioni, così come lo status socioeconomico della famiglia, fanno la differenza.
È quanto emerge dall’indagine internazionale IEA ICCS (International Civic and Citizenship Education Study), condotta sull’educazione civica e la cittadinanza degli alunni di 13-14 anni, e presentata da Invalsi il 28 novembre.

L’indagine, relativa al 2022, tiene conto di cinque aree di interesse, sostenibilità, tecnologie digitali, diversità, opinioni su sistema politico, cittadinanza globale, e tre “dimensioni”, conoscenza civica, atteggiamento e impegno, importanza dei contesti.

I livelli di rendimento

L’Italia ha conseguito un punteggio medio di conoscenza civica significativamente superiore alla media, pari a 523, classificandosi al settimo posto. Il punteggio più alto è stato ottenuto da Taipei cinese (583) e Svezia (565), il più basso da Bulgaria (456) e Colombia (452).
L’Italia presenta punteggi alti nei primi due livelli dei livelli di rendimento (A e B) e bassi negli ultimi due (C e D).

Sud e Isole registrano il punteggio medio più basso dalla media nazionale, il Nord il più alto, mentre al Centro Italia molti studenti non raggiungono neanche il livello D, il minimo considerato dall’indagine.

Differenze di genere e status socioeconomico

In diciotto Paesi le studentesse hanno maggiore conoscenza civica dei loro compagni maschi. E in Italia le ragazze fanno registrare 27 punti in più dei ragazzi in tutte le macroaree geografiche. A eccezione del Sud, dove i risultati sono simili ma non presentano rilevanza statistica.
Dai dati emerge, inoltre, che lo status socioeconomico più alto degli studenti permette loro di avere maggiore conoscenza civica.

Un indice determinante che pesa molto, poi, è costituito dalla quantità di libri presenti in casa (più o meno di 26). Chi ha uno status socioeconomico alto, a livello internazionale, si discosta in questo indice di ben 65 punti.

Cittadinanza attiva e futuro dei giovani

Gli studenti italiani nel futuro sentono di poter partecipare civicamente, hanno aspettative più alte della media internazionale e si dichiarano propensi in misura maggiore degli studenti a livello medio internazionale a intraprendere una serie di attività a protezione dell’ambiente.
Per quanto riguarda la partecipazione elettorale, la propensione degli studenti italiani al voto in età adulta è maggiore di quella rilevata a livello medio internazionale.

I dati rivelano, inoltre, che per l’83% degli studenti italiani la democrazia resta la migliore forma di governo. Tuttavia, sono meno soddisfatti del sistema politico e più critici nei suoi confronti rispetto alla media internazionale. E sembrano avere meno fiducia nei tribunali e nel Parlamento rispetto alla media internazionale, ma più fiducia nei media tradizionali.

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Quanto conta la qualità del sonno sulla produttività e sulla sicurezza sul lavoro?

Una ricerca finanziata dall’INAIL e condotta dal Dipartimento di Medicina del Lavoro del Policlinico di Milano, in collaborazione con le università di Milano e Torino, il CNR e la Fondazione IGEA Onlus, ha indagato l’importanza della qualità del sonno sulla produttività lavorativa e sulla sicurezza sul lavoro, in particolare negli individui sopra i 50 anni. Questo studio osservazionale e prospettico ha coinvolto lavoratori di età superiore ai 50 anni sottoposti a sorveglianza sanitaria. Durante il periodo tra ottobre 2021 e marzo 2022, sono stati reclutati 468 partecipanti, di cui il 62% erano impiegati nel settore dei white collars e il 38% nel settore dei blue collars. Tra i blue collars, la maggior parte svolgeva o aveva svolto lavori con turni, compresi quelli notturni. I partecipanti provenivano principalmente dai settori bancario (49%), chimico (29%) e metalmeccanico (22%).

Le variabili esaminate, compreso il tecnostress

Nel corso dello studio, sono state valutate diverse variabili, tra cui la capacità lavorativa, l’alterazione della qualità del sonno, le performance cognitive (attenzione, flessibilità mentale, memoria visuo-spaziale e memoria verbale a breve termine), il tecnostress, l’età biologica, i fattori di rischio psicosociali e il benessere psicologico. I risultati dello studio hanno evidenziato correlazioni significative tra questi fattori. In particolare, una peggiore qualità del sonno è stata associata a una minore capacità lavorativa, e questa relazione è stata più marcata nei blue collars rispetto ai white collars. D’altro canto, una migliore performance cognitiva è stata significativamente correlata a una maggiore capacità lavorativa, specialmente nel caso dei blue collars e nella valutazione del Memory Span Corsi. Inoltre, un elevato livello di tecnostress è stato associato a una minore capacità lavorativa e a performance cognitive inferiori.

Gli effetti del poco sonno peggiori per operai over 50

Lo studio in corso suggerisce un’associazione tra una ridotta capacità lavorativa, una diminuzione delle performance cognitive (soprattutto la memoria a breve termine) e la qualità del sonno, soprattutto nei lavoratori sopra i 50 anni, specialmente se si tratta di operai o di coloro che lavorano a turni. Questi dati, insieme alle misurazioni biologiche relative all’età biologica, sembrano indicare una maggiore suscettibilità in lavoratori che affrontano impegni fisici e orari irregolari.

Le implicazioni per la sicurezza sul lavoro

Se confermati alla fine dello studio, questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni per la sicurezza sul lavoro, data l’associazione tra la memoria e la capacità lavorativa, e potrebbero anche aiutare a concentrare la valutazione del rischio e le misure preventive sulle specificità dei lavoratori di età superiore ai 50 anni.

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Lavoro: manca la manodopera, e il Made in Italy è a rischio

È un fenomeno diffuso in tutta Italia e in tutti i settori, da quelli tradizionali fino alle attività digitali e hi-tech: per le imprese italiane è sempre più difficile trovare manodopera. Lo conferma un rapporto di Confartigianato sulla carenza di personale, uno dei maggiori problemi per le imprese italiane.
“Siamo al paradosso: il lavoro c’è, mancano i lavoratori – sottolinea Marco Granelli, presidente di Confartigianato -. E, nel frattempo, 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni non studia, non si forma, non cerca occupazione. Di questo passo, ci giochiamo il futuro del Made in Italy”.

A luglio 2023 il 48% dei lavoratori è introvabile 

“Bisogna insegnare ai giovani che nell’impresa ci sono opportunità, adeguatamente retribuite, per realizzare il proprio talento, le proprie ambizioni, per costruirsi il futuro”, aggiunge Granelli.
Di fatto, nell’ultimo anno la quota di lavoratori introvabili sul totale delle assunzioni previste è passata dal 40,3% di luglio 2022 al 47,9% di luglio 2023. In particolare, le maggiori difficoltà di reperimento si riscontrano per i tecnici specializzati nella carpenteria metallica (70,5% di personale difficile da trovare), nelle costruzioni (69,9%), e nella conduzione di impianti e macchinari (56,6%).

L’emergenza colpisce tutte le regioni

A livello regionale, le imprese che faticano di più a trovare dipendenti operano in Trentino-Alto Adige, con il 61,6% del personale di difficile reperimento. Seguono quelle della Valle d’Aosta (57,1%), Umbria (54,6%), Friuli-Venezia Giulia (53,3%), Emilia-Romagna (52,7%), Piemonte (52%) e Veneto (51,4%). Ma, secondo Confartigianato, la scarsità di manodopera è un’emergenza in crescita ovunque: nell’ultimo anno, infatti, la quota di lavoratori difficili da trovare è salita del 9,1% nel Mezzogiorno, del 6,9% nel Centro, del 7,4% nel Nord Ovest e del 6,5% nel Nord Est.
Ma i maggiori aumenti si registrano in Abruzzo (+11,5%), Calabria (+10,9%), Liguria (+10,8%), Puglia (+10,5%) e Trentino-Alto Adige (+10,3%).

Pochi candidati e scarsa preparazione 

Dal rapporto di Confartigianato emerge poi che tra le cause di difficile reperimento rientra la mancanza di candidati (32,4% dei lavoratori) e l’inadeguata preparazione degli stessi (10,8%).
Per questo, le piccole imprese reagiscono intensificando le collaborazioni con gli istituti tecnici e professionali, l’utilizzo di stage, tirocini, percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.
Inoltre, all’aumento delle retribuzioni viene affiancata l’offerta di pacchetti di welfare aziendale, la flessibilità dell’orario di lavoro, l’utilizzo dello smart working, interventi per migliorare il clima aziendale e comfort dei luoghi di lavoro.

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Professioni sanitarie, quali sono le più richieste in Italia?

Le professioni sanitarie in Italia sono una vasta gamma di lavori che forniscono servizi di assistenza sanitaria. Attualmente, lo Stato riconosce ufficialmente 30 professioni sanitarie, ciascuna inquadrata in un ordine professionale specifico. L’accesso a queste professioni richiede il completamento di percorsi di formazione specifici e il conseguimento di determinati requisiti.
La maggior parte delle professioni sanitarie richiede una laurea triennale o magistrale in un corso di studio specifico. Ad esempio, per diventare medico è necessario completare il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia. Dopo il conseguimento della laurea, molte professioni sanitarie richiedono un periodo di tirocinio pratico e/o una specializzazione, durante il quale gli studenti acquisiscono esperienza pratica nel campo specifico e possono ottenere ulteriori qualifiche professionali.

Dopo il tirocinio serve l’iscrizione all’Ordine

Una volta completati i requisiti di formazione e tirocinio, è necessario registrarsi presso l’Ordine professionale competente per la professione scelta. Ogni professione sanitaria è inquadrata all’interno di un Ordine Professionale, che è un ente pubblico con funzioni di tutela e regolamentazione delle professioni liberali regolamentate. Gli Ordini professionali sono responsabili di garantire l’adeguata formazione, competenza e condotta etica dei professionisti all’interno della rispettiva categoria. Ad esempio, i medici devono iscriversi all’Ordine dei Medici. Le professioni sanitarie richiedono anche un costante aggiornamento delle competenze professionali attraverso corsi di formazione continua e apprendimento per rimanere al passo con gli sviluppi nel settore sanitario.

Quando la qualifica è ottenuta all’estero

Le persone che hanno ottenuto una qualifica professionale all’estero possono esercitare l’attività sanitaria in Italia previo riconoscimento da parte del Ministero della Salute. Allo stesso modo, i cittadini italiani residenti all’estero possono esercitare l’attività sanitaria nel paese ospitante a condizione che la loro qualifica sia stata riconosciuta dall’autorità competente del luogo in cui intendono lavorare.

Quali sono i principali ambiti

Le professioni sanitarie in Italia includono professioni infermieristiche ed ostetriche (infermieri e ostetrici), professioni della riabilitazione (fisioterapisti, podologi, logopedisti, ortottisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali, educatori professionali), professioni tecniche (tecnici audiometristi, tecnici sanitari di laboratorio biomedico, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici sanitari di neurofisiopatologia, tecnici ortopedici, tecnici audioprotesisti, tecnici della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, igienisti dentali, dietisti) e professioni della prevenzione (tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, assistenti sanitari).