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L’allarme arriva dalla Bce poche settimane dopo che la Commissione europea ha annunciato i nuovi target di riduzione delle emissioni al 2040: dovranno essere il 90% in meno rispetto ai valori di riferimento del 1990, prima di arrivare all’azzeramento entro il 2050.

Secondo la Bce nei prossimi 5 anni la transizione energetica può costare circa 1/3 di produttività delle imprese più inquinanti. Solo nel lungo periodo la produttività tornerebbe a crescere, superando persino quella attuale.
L’obiettivo, ampiamente dichiarato, è far diventare l’Europa il primo continente climaticamente neutro al mondo, anche se il nuovo target è contenuto in una comunicazione di orientamento, e non in un vero e proprio provvedimento normativo.

Timore per l’aumento dei costi di produzione

A destare preoccupazione nel breve-medio termine è l’aumento dei costi di produzione, determinato principalmente dalle nuove imposte sulle emissioni di CO2 e dalle tensioni geopolitiche in atto in Ucraina e in Medio Oriente

Gli esperti dell’Eurotower muovono le proprie considerazioni dai dati raccolti in sei tra le più grandi economie nell’area della moneta unica, tra cui l’Italia. Per simulare le possibili ricadute economiche della transizione energetica si sono considerati le conseguenze di pandemia e caro-energia.
Gli autori del report, però, evidenziano come gli effetti negativi siano stati contenuti grazie a “generosi e rapidi interventi a livello nazionale ed europeo” che hanno sostenuto famiglie e imprese per evitare effetti distorsivi sull’economia.

La sfida è uscire indenni dalla prima fase della transizione

“I costi della transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2, però, saranno sempre inferiori rispetto a quelli dell’inazione”, specificano gli economisti dell’Eurotower. Non investire nella transizione aumenterebbe esponenzialmente i rischi delle aziende e dei cittadini connessi ai disastri ambientali.

Secondo le stime, le alluvioni dello scorso anno hanno generato danni per oltre 200.000 dollari a testa per gli emiliani, con una particolare vulnerabilità degli imprenditori che in poche ore hanno visto spazzare via la loro fonte di guadagno.
In pratica, dunque, la sfida sarà uscire indenni dalla prima fase della transizione. Una lotta per la sopravvivenza in cui rischiano soprattutto le imprese italiane e tedesche.

A rischio il 9% delle imprese italiane

Secondo l’Eurotower le imprese nostrane e quelle della Germania sono “le più vulnerabili” tra quelle dei principali Paesi dell’eurozona, minacciate dalla stretta monetaria, le turbolenze nel commercio globale e le tensioni geopolitiche.
A rischio, ha spiegato la Bce, è il 9% delle imprese italiane, con una esposizione maggiore nel settore industriale, dove le dichiarazioni di fallimento superano i livelli pre-pandemia, e su cui pesa anche la crisi demografica.

Da Francoforte però spiegano che l’impatto negativo sulla produttività delle aziende potrebbe essere compensato a lungo termine dall’adozione di nuove tecnologie più ecologiche e digitali. Sullo sfondo, l’Intelligenza artificiale, che può diventare un prezioso alleato delle imprese per evitare di fallire, prima, e per riprendere a macinare, poi.