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La metà dei trentenni italiani guadagna meno di 7 euro l’ora

Uno studio condotto da Federcontribuenti ha rivelato che il 54% dei trentenni italiani guadagna meno di 7 euro netti l’ora, con troppi contratti part-time e apprendistati fino a 29 anni. Il 48% di questi giovani afferma di essere sfruttato con orari non retribuiti e senza straordinari pagati. Molti di loro lavorano solo sei mesi all’anno e guadagnano in media solo 100/120 euro netti a settimana. “Laureati o meno, meritocrazia o meno in Italia, che ricordiamo è il Paese dell’ area Ue con gli stipendi più bassi, il lavoratore dipendente viene sfruttato e maltrattato da quegli stessi contratti nazionali voluti e sostenuti da chi proprio non riesce a fare il proprio dovere di politico e garante” afferma Federcontribuenti.

Un decimo dei giovani è “tagliato” fuori dal Paese

L’11% della popolazione italiana di età compresa tra i 28 e i 35 anni, che dovrebbe essere la forza trainante per lo sviluppo economico e le pensioni future, è tagliato fuori dal Paese. La Federcontribuenti propone uno stipendio minimo per legge, un massimo di 3 contratti nazionali per 3 fasce di età, un apprendistato massimo fino a 24 anni e la riforma del sistema previdenziale. 

Troppi contratti part-time

L’associazione ha anche evidenziato un aumento dei contratti part-time, con 1,3 milioni di trentenni senza possibilità di affittarsi una casa o di mettere su famiglia. Inoltre, i voucher sono stati definiti uno strumento meschino che piega la dignità del lavoratore stesso. Federcontribuenti si è anche lamentata della “strage degli autonomi in fallimento”, in particolare nel nord-est, con un aumento del 68%, e ha sottolineato che neanche gli imprenditori riescono a mettere via uno stipendio adeguato. La proposta di Federcontribuenti prevede anche la riduzione dei costi fiscali per i dipendenti.

Le criticità dell’ultima manovra

Federcontribuenti si dice, di nuovo, scontenta delle ultime manovre: “Tutti i contratti di lavoro esistenti dovevano servire da fondo per la brace di Pasqua e invece si continua beatamente lasciare che un 29 enne si senta o veda costretto a firmare un contratto part-time per lavorare invece come un mulo e senza potersi permettere nemmeno una stanza arredata. Tutto questo mentre, di nuovo, tornano a crescere gli stipendi per tutti manager pubblici e privati che fanno utili o voti sulle vesti stracciate della popolazione”. Infine la proposta di Federcontribuenti: ”uno stipendio minimo per legge; massimo 3 contratti Nazionali per 3 fasce di età; apprendistato massimo fino a 24 anni; riforma del sistema previdenziale: il costo supera la resa; zero costi fiscali sul dipendente”.

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Superbonus e bonus edilizi: dall’Agenzia delle Entrate novità per ripartire i crediti

Dal prossimo 2 maggio nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate sarà disponibile una nuova funzionalità per superbonus, sismabonus e bonus barriere architettoniche. All’interno della Piattaforma cessione crediti i soggetti titolari di crediti da bonus edilizi (imprese edilizie, banche e altri cessionari) possono infatti comunicare se decidere di ripartire in 10 anni i crediti non ancora utilizzati per i quali è stata comunicata la prima opzione entro lo scorso 31 marzo. La comunicazione potrà riguardare anche solo una parte della rata del credito disponibile. Con successive comunicazioni potranno essere infatti rateizzati sia la restante parte della rata sia eventuali altri crediti acquisiti nel frattempo. 

Fornitori e cessionari potranno diluire i crediti

Sono alcune novità contenute nel provvedimento in attuazione delle ultime modifiche normative in materia, che fornisce le istruzioni ai fornitori e ai cessionari che intendono usufruire di questa possibilità. La possibilità di diluire i crediti in 10 anni si applica a quelli relativi a interventi agevolati derivanti dalle opzioni per la prima cessione, o per lo sconto in fattura, comunicate all’Agenzia entro il 31 marzo di quest’anno. Il provvedimento specifica che la quota residua di ciascuna rata annuale dei crediti d’imposta, anche acquisita a seguito di cessioni successive alla prima opzione, e non utilizzata in compensazione, può essere ripartita in 10 rate annuali di pari importo.

Opzioni per la prima cessione o lo sconto in fattura

In particolare, la nuova ripartizione per il superbonus può essere effettuata per la quota residua delle rate dei crediti riferite agli anni 2022 e seguenti per i crediti derivanti dalle comunicazioni delle opzioni per la prima cessione o lo sconto in fattura inviate all’Agenzia delle Entrate fino al 31 ottobre 2022, e agli anni 2023 e seguenti per i crediti derivanti dalle comunicazioni inviate all’Agenzia dal primo novembre 2022 al 31 marzo 2023. Nonché per il sismabonus e il bonus barriere architettoniche le comunicazioni inviate fino al 31 marzo 2023. Ciascuna nuova rata annuale potrà essere utilizzata esclusivamente in compensazione, e non potrà essere a sua volta ceduta, né ulteriormente ripartita.

Rateizzare parte della rata ed eventuali altri crediti acquisiti

Fornitori e cessionari potranno comunicare all’Agenzia la volontà di optare per la rateizzazione lunga, al posto di quella originariamente prevista, semplicemente accedendo all’area riservata del sito dell’Agenzia. La comunicazione può riguardare anche solo una parte della rata del credito al momento disponibile. Con successive comunicazioni potranno essere infatti rateizzati, anche in più soluzioni, la restante parte della rata e gli eventuali altri crediti nel frattempo acquisiti. Se alla fine del 2023 il soggetto avrà altri crediti residui non compensabili, riferisce Adnkronos, potrà comunicare all’Agenzia di volerli ripartire nei successivi dieci anni. In alternativa a questa prima soluzione, sarà possibile attendere la fine del 2023 per avere contezza dei crediti residui non compensabili, e inviare la relativa comunicazione all’Agenzia.

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Aumentano gli investimenti per attrarre talenti, ma non per trattenerli

Sembra che le imprese italiane siano più attente all’attraction di talenti piuttosto che alle iniziative di retention. In un mondo del lavoro caratterizzato dalla ‘talent scarcity’, quasi tutte le imprese italiane stanno rielaborando i propri piani per le risorse umane. Con alcuni importanti passi avanti nelle strategie di attrazione del personale, ma anche con alcune carenze nella creazione della ‘talent expertise’, e scarsi investimenti in formazione e benessere dei dipendenti. È quanto ha scoperto il Talent Trends Report di Randstad Sourceright, che ha individuato i 10 trend nella gestione delle risorse umane per il 2023 in 18 Paesi del mondo, tra cui l’Italia.

La visione degli Hr italiani è un po’ ambigua

Le risposte del Talent Trends evidenziano una visione un po’ ambigua da parte degli Hr italiani riguardo ai principali trend del settore. Nel nostro Paese i responsabili delle risorse umane si dichiarano fortemente impegnati in azioni di talent acquisition, con il 94% che manterrà o aumenterà gli investimenti per l’employer branding, e il 73% che ha realizzato strategie del personale basate sul creare valore totale per l’organizzazione piuttosto che sul ridurre i costi. Ma, alla prova dei fatti, solo il 23% delle aziende italiane, percentuale in grave ritardo rispetto al 76% a livello globale, ha potenziato negli ultimi 12 mesi la talent experience sulla base dei fattori che favoriscono l’attrazione, la fidelizzazione, il coinvolgimento e la mobilità professionale.

Indietro rispetto alla media globale 

Il 75% degli Hr italiani oggi dà maggiore importanza rispetto al passato alle competenze e al coinvolgimento dei dipendenti, ma solamente il 14% sta investendo in piattaforme di formazione per attrarre talenti, molto indietro rispetto al 63% rilevato a livello globale. Per circa un terzo degli Hr italiani (29%, una percentuale in linea con gli altri Paesi, 25%), poi, i licenziamenti hanno avuto un impatto negativo e il 23% offre ai propri dipendenti servizi di outplacement per superare questo problema.

Sostenibilità, conviene o no all’azienda?

Per attrarre nuovi talenti e offrire un’esperienza lavorativa significativa, riporta Adnkronos, quasi 7 Hr su 10 in Italia considerano determinanti le strategie di Diversity&Inclusion della loro azienda, tuttavia il 39% di loro teme che saranno meno prioritarie nel 2023. Inoltre, finita l’emergenza della pandemia, solo il 27% dei leader Hr spenderà di più in programmi di benessere e sicurezza (contro il 54% mondiale), mostrando un evidente gap rispetto alla media degli altri Paesi. Inoltre, c’è la diffusa consapevolezza che adottare pratiche etiche e sostenibili consenta di attirare talenti della Generazione Z, ma il 58% dei talent leader teme che la sostenibilità possa avere un impatto negativo sulla redditività, e il 56% che l’azienda possa considerarla meno prioritaria in caso di crisi economica.

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Cybersecurity: Italia nel mirino dei cyber attacchi

Nel 2022 è andato a segno il 7,6% dei cyberattacchi globali, 188 in tutto, e oltre la metà di questi è stata causata da malware, in Italia il 6% in più rispetto al dato globale, con conseguenze gravi o gravissime a livello economico, sociale e di immagine nel 95% dei casi. I dati del Rapporto Clusit 2023 non lasciano alcun dubbio sulla gravità dei rischi cyber con cui dobbiamo misurarci, anche nel nostro Paese. In Italia, evidenziano i ricercatori di Clusit, la pressione maggiore degli attacchi avviene sulle aziende manifatturiere del Made in Italy, nel settore tecnico-scientifico e dei servizi professionali, laddove le organizzazioni sono meno strutturate e più impreparate a far fronte a emergenze cyber, per scarsa consapevolezza o mancanza di risorse.

Nessuno può ritenersi al sicuro

Comunemente, molte imprese pensano di non essere a rischio, sia per il settore di operatività sia per la bassa criticità delle informazioni trattate. I dati del Rapporto Clusit 2023, tuttavia, dicono che lo scorso anno i cosiddetti ‘obiettivi multipli’, ovvero le vittime di campagne non mirate, sono stati colpiti dai criminali nell’ordine del 900% in più rispetto all’anno precedente. Quindi, nessuno può ritenersi al sicuro, perché oltre agli attacchi malware e ransomware la perdita dei dati può essere banalmente causata da guasti hardware, corruzione del software, cancellazione accidentale e disastri naturali, come un allagamento o un incendio.

“Oggi è imprescindibile un backup immutabile”

Di fronte a questo scenario il consiglio è di alzare la guardia. “Il singolo backup non è più sufficiente. Oggi è imprescindibile avere un backup immutabile, in cui i file non siano cancellabili o modificabili, poiché, in caso di intrusione, i criminali sono ormai in grado di accedere a qualsiasi dato – afferma Alessio Pennasilico, Comitato Scientifico di Clusit -. Inoltre, la complessità delle organizzazioni, i loro perimetri sempre meno definiti e l’ampiezza della supply chain rendono necessari piani strutturati di continuità operativa e la costituzione di ambienti di disaster recovery, magari grazie al cloud, che certamente garantisce maggiore protezione”.

Le tre regole d’oro per non mettere a rischio i propri dati

In occasione del Backup Day, gli esperti di Clusit consigliano di rispettare ‘tre regole d’oro’ per non mettere a rischio i propri dati.
La prima è quella di dotarsi di un piano di continuità operativa e tenerlo aggiornato via via che l’organizzazione evolve. La seconda è implementare un ambiente di Disaster Recovery, magari in cloud, in grado di garantire la continuità aziendale. E la terza è prevedere un backup immutabile di tutti i dati dell’organizzazione. Ma tutto ciò non riguarda solo le imprese o i professionisti. “La disponibilità di dispositivi sempre più potenti e pervasivi, dove salvare contatti, documenti, foto e video, mette costantemente a rischio ciascuno di noi”, aggiunge Pennasilico. È quindi necessario premunirsi di un’ancora di salvezza, che per il privato cittadino può essere rappresentata dal backup, meglio se ridondato tra dispositivi e cloud.

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2023, gli italiani non rinunciano al viaggio

E’ stata recentemente pubblicata la ricerca BVA Doxa per BWH Hotel Group Italia che ha analizzato il comportamento dei viaggiatori italiani nel 2023. L’analisi è il frutto di 2007 interviste online riferite ai viaggi effettuati in Italia nell’ultimo anno e suddivise per target: General Population – 1203 interviste; Leisure Travellers (ovvero persone con almeno 2 notti consecutive fuori casa per motivi di svago) – 408 interviste; Business Travellers (chi viaggia per lavoro e spende fuori casa almeno 3 notti consecutive) – 396 interviste. L’indagine si è concentrata sui fattori che maggiormente influenzano le scelte dei viaggiatori, ovvero il budget a disposizione e l’impatto dell’aumento dell’inflazione.

Ci si sposta, ma con modalità alternative

Nonostante l’impatto sull’economia, i viaggiatori italiani non hanno rinunciato a viaggiare, ma hanno cercato modalità alternative per spostarsi e soggiornare, come ad esempio spostamenti in bassa stagione o meno pernottamenti fuori casa. Il budget dedicato ai viaggi è invariato rispetto all’anno precedente per il 38% della General Population e il 42% dei Leisure Travellers, mentre è aumentato rispettivamente per il 23% e 28% degli intervistati. L’aumento dell’inflazione e il relativo impatto sul carovita stanno influenzando le abitudini di viaggio e soggiorno, portando i viaggiatori a preferire spostamenti in bassa stagione o riducendo le notti di viaggio (38% General Population e 34% Leisure Travellers). I dati dimostrano, al di là di tutto, che le persone vogliono viaggiare. Per quanto riguarda i Business Travellers, il 32% conferma una riduzione delle trasferte rispetto al 2019 mentre il 20% dichiara per contro di averle incrementate ma i dati relativi ai comportamenti reali riferiti al 2022 e all’inizio 2023 indicano una tendenza in rialzo. Il brand Best Western si conferma ai vertici del ranking dei brand di hotellerie, sia per notorietà globale che per “awareness top of mind”, in particolare tra i Business Traveller. Il rapporto qualità/prezzo si conferma come il principale driver di scelta per tutte e tre le categorie di viaggiatori, insieme alla pulizia delle strutture e il rispetto delle norme sanitarie.

Ancora poca sensibilità all’impatto ambientale

Per quanto riguarda le abitudini sulla mobilità, la maggior parte dei viaggiatori continua ad utilizzare gli stessi mezzi di spostamento, dimostrando una modesta sensibilità all’utilizzo di mezzi con minor impatto ambientale.

Chi viaggia per lavoro vuole comodità

Infine, i Business Travellers si sono dimostrati particolarmente attenti alla posizione strategica dell’hotel, alla comodità del parcheggio e alla qualità della colazione, mentre i Leisure Travellers hanno dato maggiore importanza alla posizione strategica e alle recensioni degli altri viaggiatori. La maggior parte dei viaggiatori ha confermato la propria preferenza per l’utilizzo di esperienze digitali in albergo, come la smart room.

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Pos: i pagamenti con carte e bancomat pesano sulle imprese

Dal 2012 al 2023 l’Italia è diventato il Paese europeo con il più alto numero di Pos (3,9 milioni), anche se il numero di operazioni rimane ancora sotto la media. Più alto, invece, è l’importo medio delle transazioni, che oggi corrisponde a circa 50 euro. Ma tra commissioni e costi accessori l’uso di carte e bancomat nel 2022 è costato alle imprese italiane almeno 5 miliardi di euro. Un onere che grava in proporzione soprattutto sulle attività di minori dimensioni, che vedono restringere i margini a causa degli alti costi delle commissioni.  A stimarlo è Confesercenti, in vista del Tavolo tecnico per il taglio delle commissioni sui pagamenti tramite Pos, convocato dal Ministero dell’Economia.

Più penalizzate tabaccherie, benzinai, edicole

Nel 2022 le transazioni con pagamenti digitali hanno raggiunto 400 miliardi di euro, quasi il 40% del totale speso degli italiani, e nel 2023 sarà il 50%. Un risultato ottenuto con grandi costi a carico degli esercenti. L’indagine Confesercenti, infatti, restituisce un peso delle commissioni fino e oltre l’1,4% del transato per le attività minori, dove l’incidenza dei pagamenti in moneta elettronica sul totale è in rapida crescita, e in alcuni casi, come nell’abbigliamento, raggiunge anche l’80% delle vendite.
Ma i costi delle commissioni sono un problema soprattutto per tabaccherie, gestori carburanti, edicole e tutte le altre attività caratterizzate da piccoli margini sul venduto.

Ridurre i costi delle commissioni per le piccole attività

Dopo tutto questo tempo, gli esercenti attendono finalmente una soluzione al problema. L’obiettivo dichiarato del Tavolo è la riduzione dei costi della ‘moneta di plastica’ per i circa 2,5 milioni di piccole attività con meno di 400 mila euro di fatturato annuo. La speranza è che non si proceda a un semplice restyling dei provvedimenti attuali (il credito di imposta previsto ora è insufficiente), ma che si arrivi a una vera riforma che favorisca la diffusione delle transazioni elettroniche attraverso una distribuzione più equa dei costi. Per raggiungere questo risultato, però, è necessario che il governo svolga un ruolo attivo, non di semplice garante.

Moneta elettronica sì, ma non deve sfavorire gli esercenti

Una maggiore diffusione della moneta elettronica favorirebbe la modernizzazione del sistema economico del paese, un obiettivo che Confesercenti condivide. Ottenerlo con un obbligo calato dall’alto crea però una distorsione a sfavore degli esercenti. Per questo i provvedimenti di questo tipo sono solitamente accompagnati da agevolazioni, non solo da sanzioni. Confesercenti propone quindi di costituire un Osservatorio per rendere chiari i costi attuali della moneta elettronica. Ma anche di rendere gratuite le transazioni sotto 30 euro per le attività sotto i 400 mila euro di fatturato annuo, aiutarle a dotarsi di dispositivi contactless. e predisporre un nuovo credito di imposta della durata di tre anni, su tutte le transazioni.

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e-commerce: tech, moda e beauty i più acquistati sul web

Oggi l’87% dei ‘consumatori online’ compie almeno un acquisto al mese. Dal 2020, anno in cui è scoppiata la pandemia da Covid-19, l’e-commerce, che già registrava trend in crescita, è letteralmente esploso. Il 2020 per l’e-commerce è stato un anno senza precedenti: per via delle restrizioni tante persone hanno iniziato, e poi continuato, ad acquistare in rete abitualmente, anche quando l’emergenza sanitaria è rientrata. Ma quali sono le tipologie di prodotti più acquistate su Internet? Sulla base del sondaggio compiuto dal comparatore prezzi online Idealo nel febbraio 2022, sono i prodotti tech, moda e beauty.

Elettronica, la numero uno degli acquisti online

Secondo Idealo la prima posizione dei prodotti più acquistati online spetta ai prodotti di Elettronica, con una percentuale pari al 53,6% del totale acquisti. Si tratta di una categoria con al suo interno una vasta gamma di articoli, smartphone, computer e device di ogni tipo, ma anche materiale elettrico e accessori online, come quelli individuabili come 5volt. Al secondo posto della classifica di Idealo, con una quota del 48,5%, si trova la categoria Moda & Accessori, anch’essa decisamente ampia a livello di tipologie di prodotti. Completa il podio delle categorie più acquistare online quella che comprende i Prodotti per la Bellezza & Profumi, con una percentuale pari al 37%.

Comparazione prezzi: sul podio anche Scarpe & Sneakers

La conferma di una maggior rilevanza di acquisti per la tipologia di prodotti di elettronica risiede nel fatto che tali acquisti si sono rivelati protagonisti anche per quanto riguarda il ricorso degli utenti ai sistemi di comparazione dei prezzi. Anche in questa classifica di Idealo, infatti, primeggia la categoria Elettronica, con una percentuale del 62%. Conferma anche per il secondo posto, assegnato ai prodotti fashion, una posizione anch’essa ribadita dal ricorso alla comparazione prezzi. Ma in questo caso, la categoria Moda & Accessori registra una percentuale del 46,2%. L’unica variazione registrata è quella del terzo gradino del podio, che relativamente all’incidenza dell’utilizzo della comparazione prezzi è occupato dalla categoria Scarpe & Sneakers.

Due classifiche a confronto

Scarpe & Sneakers è una categoria che se all’interno del ranking relativo alla comparazione prezzi vanta una percentuale del 45,1% occupando la terza posizione, nella classifica dei prodotti più acquistati si trova quarto posto. Nella classifica delle comparazioni prezzi il quarto posto è invece occupato dalla categoria Prodotti per la Bellezza & Profumi, che a sua volta occupava il terzo posto all’interno della classifica delle tipologie di prodotto più acquistate.
In ogni caso, non ci sono dubbi. L’acquisto di prodotti elettronici è quello che più di tutti viaggia attraverso la rete, nonostante anche abbigliamento e prodotti per la bellezza siano piuttosto gettonati.

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Lombardia, quanto sono costati luce e gas nel 2022?

Fino al 108% in più rispetto all’anno precedente. Tanto hanno dovuto spendere le famiglie lombarde per la fornitura di luce e gas nel corso del 2022. Lo evidenzia un’analisi di Facile.it. A parità di consumi, secondo il report, le famiglie residenti in Lombardia con contratto di fornitura nel mercato tutelato, nel 2022 hanno speso per la sola bolletta elettrica 1.375 euro, vale a dire il 108% in più rispetto al 2021, e 1.639 euro per il gas (+57%). Quest’ultimo dato fa guadagnare alla regione il terzo posto nella classifica delle aree d’Italia dove, lo scorso anno, si è speso di più per la bolletta del gas, preceduta dal Trentino-Alto Adige e dall’Emilia-Romagna.
Il calo del prezzo della materia prima registrato a inizio 2023, però, potrebbe far ben sperare.

Provincia per provincia la bolletta elettrica…

Complessivamente, quindi, tra luce e gas, nel 2022 gli abitanti della Lombardia hanno sborsato, mediamente, 3.014 euro a famiglia (rispetto ai 1.703 euro del 2021), ma in quali province si è speso di più? Focalizzandosi sulla sola energia elettrica ed analizzando i dati su base provinciale, al primo posto si posiziona Mantova, area dove il consumo medio a famiglia rilevato nel 2022 è stato pari a 3.352 kWh che, considerando le tariffe dello scorso anno in regime di tutela, corrisponde ad un costo di 1.633 euro; seguono Cremona (1.543 euro, 3.166 kWh), Brescia (1.520 euro, 3.119 kWh) e Lodi, provincia dove sono stati messi a budget, mediamente, 1.475 euro per un consumo medio rilevato di 3.028 kWh.
Continuando a scorrere la graduatoria lombarda troviamo Pavia (1.458 euro, 2.993 kWh), Como (1.438 euro, 2.952 kWh), Varese (1.433 euro, 2.942 kWh) e Bergamo (1.382 euro, 2.836 kWh). Valori inferiori alla media regionale per Monza e Brianza, dove il costo della bolletta elettrica è stato di 1.362 euro (2.796 kWh), Lecco (1.344 euro, 2.759 kWh) e Sondrio (1.280 euro, 2.627 kWh) Chiude la classifica Milano, provincia che, nel 2022, ha rilevato i consumi più bassi della regione (2.598 kWh) e quindi la bolletta più “leggera” (1.266 euro).

… e quella del gas

Anche sul fronte del gas le bollette sono differenziate a seconda dei consumi medi rilevati. Al primo posto tra le province più care della Lombardia si posiziona Como, dove il consumo medio a famiglia è stato di 1.510 smc per un costo complessivo di 1.931 euro. Seguono Lecco (1.908 euro, 1.492 smc), Varese (1.900 euro, 1.486 smc) e Pavia (1.862 euro, 1.456 smc). Continuando a scorrere la classifica regionale troviamo Mantova (1.833 euro, 1.433 kWh), Cremona (1.719 euro, 1.344 kWh) e Lodi (1.661 euro, 1.299 kWh).
Valori inferiori alla media lombarda per Monza e Brianza (1.634 euro, 1.278 smc), Brescia (1.588 euro, 1.242 smc) e Sondrio, provincia dove una famiglia, nel 2022, ha speso mediamente 1.576 euro (1.232 smc). Chiudono la classifica Bergamo (1.549 euro, 1.211 smc) e, ancora una volta, Milano, dove sono stati messi a budget per il gas 1.444 euro (1.129 smc).

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Cerchi lavoro? Attenzione ai tuoi profili social

I recruiter sono sempre più attenti non solo alle competenze indicate sul curriculum vitae, ma anche alla reputazione on line dei candidati. Occhio, quindi, a non fare passi falsi – e potenzialmente dannosissimi – sulle piattaforme social. D’altronde assumere un nuovo dipendente non è mai una decisione da prendere alla leggera, sia per le piccole imprese sia per le grandi. Ecco perché i recruiter effettuano un’analisi dettagliata dei candidati, controllando non solo i curriculum e i colloqui conoscitivi, ma anche le referenze online di ogni candidato.

I rischi di un’assunzione sbagliata

Per questo chi non vuole affrontare costi elevati per la formazione di un nuovo dipendente, o peggio ancora, perdite di produttività o danni all’immagine a causa di un’assunzione sbagliata, si affida ai cacciatori di teste, per assicurarsi di trovare il collaboratore perfetto per la propria azienda. Per questo i recruiter controllano quanto più attentamente possibile i candidati per ogni posizione aperta.

Il controllo della reputazione online dei candidati

Le classiche analisi si effettuano a livello di curriculum vitae e colloqui conoscitivi, a cui si aggiungono il controllo delle referenze dei candidati, e le ricerche online sulle persone che vengono effettivamente prese in considerazione per l’assunzione. Secondo le ultime indagini, a compiere questo ulteriore passo sono circa 8 recruiter su 10, che vanno a controllare la digital reputation dei candidati online, dai motori di ricerca ai social network. E qui le informazioni trovate possono sia favorire, sia allontanare, come accade sempre più spesso, la possibilità di essere assunti.

Cosa fare nel momento in cui ci si mette alla ricerca di un nuovo lavoro?

“Chi si mette alla ricerca di una nuova occupazione deve prepararsi da molti punti di vista: penso per esempio all’aggiornamento del curriculum vitae, a dei corsi di formazione mirati per colmare eventuali lacune, nonché all’allenamento mirato per affrontare al meglio i colloqui di lavoro” spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera. “Ma non è tutto qui: sapendo che i recruiter controlleranno molto probabilmente la digital reputation dei candidati, è ormai fondamentale curare anche questo aspetto, per avere la certezza che delle informazioni online non possano compromettere un’assunzione. Diventa dunque importante mettersi nei panni del recruiter, per controllare qual è l’effettivo stato della propria reputazione online”. Nel dubbio, quindi, eliminare tutte le informazioni, i commenti e le foto on line che potrebbero non piacere a un selezionatore.

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Cosa leggono gli italiani in digitale? Riviste di gossip, arredamento e lifestyle

Cosa leggono gli italiani? E qual è il momento preferito per farlo? E ancora, come vengono fruiti i media? Su carta o attraverso piattaforme specifiche? A queste curiosità risponde Readly, l’app per la lettura di riviste e quotidiani in digitale, che ha compilato il proprio rapporto annuale sulle tendenze di lettura, evidenziando tematiche e comportamenti per l’anno appena concluso. A livello globale, 286.000 pubblicazioni digitali sono stati lette 146 milioni di volte sulla piattaforma, con un incremento del 23% dei lettori di quotidiani che utilizzano l’app, rispetto al 2021. Il momento più popolare per leggere le riviste è il giovedì alle 18.00, mentre per i quotidiani è alle 7.00 della domenica.

Quanto e cosa hanno sfogliato i nostri connazionali

I lettori italiani hanno letto nel 2022 1,7 milioni di pubblicazioni sulla app Readly; in media hanno dedicato mensilmente 4,6 ore alla lettura di riviste e 3,1 ore alla lettura di quotidiani. Questo valore è in crescita del 38% rispetto al 2021. Le più popolari tra gli abbonati italiani sono state le riviste di “Gossip e Intrattenimento”, lette dal 15% del pubblico, in crescita del 6% rispetto al 2021. Seguono le testate di “Lifestyle”, lette dall’11% degli abbonati italiani di Readly. Al terzo posto, le riviste dedicate a “Interior design e architettura”, preferite dal 10% dei lettori italiani.

Distrazione e ispirazione per cambiare vita 

“Vediamo che i lettori italiani hanno trascorso tempo sulla app Readly prevalentemente per la lettura di notizie di cronaca rosa e di avvenimenti relativi alle celebrities, probabilmente come momento evasione per staccare la spina in periodi particolarmente intensi e in un clima generale difficile e incerto. Le riviste di Lifestyle e Interior Design hanno certamente aiutato gli italiani a trarre ispirazione per un cambiamento di stile personale e nelle abitazioni, che è ancora una volta una conseguenza di una combinazione di eventi attuali”, ha spiegato Marie Sophie Von Bibra, Chief Marketing Officer della piattaforma.

Gli italiani e la lettura in cifre

Qualche altro dato curioso emerso dall’analisi. Nel corso del 2022, gli italiani hanno letto 1,7 milioni di pubblicazioni, con una preferenza per la categoria Celebrity & Entertainment (15% di share sul totale dei lettori).  L’utilizzo dei dispositivi mobili è stato del 20% per le riviste e del 17% per i quotidiani. Infine, un dato che conferma che gli italiani sono sempre più internazionali: il 31% dei titoli letti dagli abbonati italiani è straniero.