post

Cosa leggono gli italiani in digitale? Riviste di gossip, arredamento e lifestyle

Cosa leggono gli italiani? E qual è il momento preferito per farlo? E ancora, come vengono fruiti i media? Su carta o attraverso piattaforme specifiche? A queste curiosità risponde Readly, l’app per la lettura di riviste e quotidiani in digitale, che ha compilato il proprio rapporto annuale sulle tendenze di lettura, evidenziando tematiche e comportamenti per l’anno appena concluso. A livello globale, 286.000 pubblicazioni digitali sono stati lette 146 milioni di volte sulla piattaforma, con un incremento del 23% dei lettori di quotidiani che utilizzano l’app, rispetto al 2021. Il momento più popolare per leggere le riviste è il giovedì alle 18.00, mentre per i quotidiani è alle 7.00 della domenica.

Quanto e cosa hanno sfogliato i nostri connazionali

I lettori italiani hanno letto nel 2022 1,7 milioni di pubblicazioni sulla app Readly; in media hanno dedicato mensilmente 4,6 ore alla lettura di riviste e 3,1 ore alla lettura di quotidiani. Questo valore è in crescita del 38% rispetto al 2021. Le più popolari tra gli abbonati italiani sono state le riviste di “Gossip e Intrattenimento”, lette dal 15% del pubblico, in crescita del 6% rispetto al 2021. Seguono le testate di “Lifestyle”, lette dall’11% degli abbonati italiani di Readly. Al terzo posto, le riviste dedicate a “Interior design e architettura”, preferite dal 10% dei lettori italiani.

Distrazione e ispirazione per cambiare vita 

“Vediamo che i lettori italiani hanno trascorso tempo sulla app Readly prevalentemente per la lettura di notizie di cronaca rosa e di avvenimenti relativi alle celebrities, probabilmente come momento evasione per staccare la spina in periodi particolarmente intensi e in un clima generale difficile e incerto. Le riviste di Lifestyle e Interior Design hanno certamente aiutato gli italiani a trarre ispirazione per un cambiamento di stile personale e nelle abitazioni, che è ancora una volta una conseguenza di una combinazione di eventi attuali”, ha spiegato Marie Sophie Von Bibra, Chief Marketing Officer della piattaforma.

Gli italiani e la lettura in cifre

Qualche altro dato curioso emerso dall’analisi. Nel corso del 2022, gli italiani hanno letto 1,7 milioni di pubblicazioni, con una preferenza per la categoria Celebrity & Entertainment (15% di share sul totale dei lettori).  L’utilizzo dei dispositivi mobili è stato del 20% per le riviste e del 17% per i quotidiani. Infine, un dato che conferma che gli italiani sono sempre più internazionali: il 31% dei titoli letti dagli abbonati italiani è straniero.

post

Bollette: cosa cambierà nel 2023?

Nel 2022 gli italiani hanno dovuto fronteggiare spese inaspettate ed eccessive per luce e gas, e molti si chiedono se il caro bollette nel 2023 è destinato a perdurare o a migliorare. Con l’inizio del nuovo anno infatti si spera nella stabilizzazione delle tariffe e in un calo dei prezzi. In caso contrario, per molte famiglie italiane la situazione potrebbe diventare davvero drammatica.

Cosa aspettarsi quindi nei prossimi mesi per quanto riguarda i costi di luce e gas?

Purtroppo, per gli italiani che hanno ancora un contratto in regime di maggior tutela non ci sono buone notizie. Secondo quanto comunicato dall’ARERA, infatti, è previsto un aumento di circa il 23% sul prezzo del gas. 

Luce in calo del 19% nel primo trimestre dell’anno

Una notizia che proprio non ci voleva, soprattutto a gennaio, dato che per molte famiglie italiane rinunciare al riscaldamento non è possibile. Notizie sicuramente più confortanti arrivano invece sul versante dell’energia elettrica. L’ARERA ha infatti comunicato che durante il primo trimestre del 2023 si dovrebbe assistere a un calo significativo dei prezzi della luce in bolletta, che dovrebbe superare il 19%. Anche in questo caso, si tratta delle tariffe applicate ai clienti che hanno ancora attivo un contratto nel regime di maggior tutela.  Discorso completamente diverso per coloro che hanno scelto di passare al libero mercato, che possono contare su prezzi nettamente più vantaggiosi.

Bollette più leggere per tutti i clienti del mercato libero

Gli italiani passati al mercato libero potranno contare su bollette nettamente più leggere nei prossimi mesi. I fornitori stanno già iniziando a proporre offerte luce e gas più convenienti, e possono permettersi di farlo, perché il costo della materia prima di fatto è calato drasticamente. Questa è senza dubbio un’ottima notizia, anche perché chiunque ha la facoltà di cambiare fornitore o passare a un’offerta del mercato libero in ogni momento. Le opportunità per risparmiare iniziano quindi a essere sempre più evidenti e dopo i mesi bui del 2022 lasciano finalmente intravedere qualche spiraglio di sereno.

Trovare un fornitore in grado di proporre offerte effettivamente vantaggiose

Le offerte più vantaggiose del mercato libero sembrano essere quelle a prezzo indicizzato. Vale dunque la pena scegliere queste per ottenere il massimo del risparmio, e non trovarsi a sostenere bollette salatissime anche durante l’anno appena iniziato. Insomma, si può dunque affermare che la situazione nel 2023 dovrebbe rivelarsi decisamente meno preoccupante rispetto a quella del 2022. È tuttavia importante compiere le scelte giuste, e trovare un fornitore in grado di proporre offerte effettivamente vantaggiose, rigorosamente nel mercato libero e non nel regime di maggior tutela.

post

Beauty, quali sono le tendenze del 2023?

Voglia di prodotti affidabili e ad alto tasso di scientificità, ma allo stesso tempo facili da utilizzare. Desiderio di naturalezza, sia nelle preparazioni sia nei risultati. Ecco, in estrema sintesi, quali sono i trend nel settore beauty secondo gli esperti di Foreo, il colosso del beautytech che ha esplorato le tendenze più impattanti dell’anno appena iniziato. Un anno che si preannuncia più dinamico dopo quelli complicati a causa dell’incertezza legata alla pandemia.

Valore e valori

Valore e valori, concretezza e scientificità, design ed efficienza saranno temi sempre più ricercati e richiesti dai consumatori di bellezza e benessere, desiderosi sia di semplicità che di affidabilità e flessibilità, in uno scenario sempre più competitivo e sofisticato. Per quanto riguarda la skincare, la parola d’ordine è bellezza sostenibile ed inclusiva, tutta centrata attorno al benessere olistico a 360 gradi ed all’importanza della comunità e condivisione di esperienze. I trend? Si chiamano Skinimalism e Clean Beauty:  lontani sono i tempi dei fondotinta coprenti e delle beauty routine complesse e multistrato. Il 2023 vedrà un crescendo di soluzioni skincare mirate ad ottenere e preservare un look naturale, sano, e il tanto agognato No Makeup Look o Clean Girl Makeup – con prodotti per la cura del viso che di fatto sostituiranno il makeup più complesso. Sarà l’anno dei sieri, delle creme, delle maschere, ed anche dei sieri per le ciglia, con forte attenzione verso formule ‘pulite’ e ricche di principi attivi naturali e potenziati.

Tecnologia per combattere i segni dell’età

Sarà anche l’anno dei dispositivi beautytech.  Tecnologie all’ultimo grido, altissima performance, personalizzazione e semplicità di utilizzo saranno i punti cardine di quest’anno e dei prossimi a venire. Ciò è perfettamente in linea con le tendenze e le abitudini dei consumatori di bellezza e benessere, sempre più improntate a soluzioni futuristiche, digitali, connesse, ed intuitive. Un 2023 che vedrà dunque i dispositivi viso e corpo al centro dell’attenzione quali soluzioni d’elezione per i propri trattamenti detergenti, massaggianti, liftanti, tonificanti, ed oltre.

Viso e corpo sullo stesso piano

Il 2023 sarà l’anno della cura del corpo a tutto tondo, quale parte integrante della propria wellness routine. L’imperativo è prestare attenzione al proprio corpo oltre che al proprio viso quando si tratta di cura della pelle. Nelle parole della dottoressa Ifeona Ejikeme, Direttore Medico dell’Adonia Medical Clinic di Londra: “Alcuni trend skincare scompariranno gradualmente nel 2023, lasciandoci spazio per concentrarci su noi stessi nella nostra interezza, il che porterà ad un picco nelle soluzioni per la cura del corpo. I prodotti che combinano cura della pelle e cura del corpo sono già in aumento, ma la tendenza aumenterà ancora di più quest’anno.”
Dispositivi tonificanti, spazzole massaggianti ed esfolianti, epilatori hi-tech, sieri e creme iper-performanti: il futuro della bellezza a 360 gradi è già qui.

post

Meno assunzioni, ma il 45,3% delle imprese ha difficoltà a reperire personale

Lo rileva l’ultimo bollettino del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ANPAL: per dicembre 2022 sono in programma 329.000 assunzioni, un numero inferiore di 24.000 unità rispetto al 2021, ma la vera criticità sta nella difficoltà di reperimento del personale. Se infatti la flessione delle assunzioni previste per dicembre è da ricondurre al rallentamento dell’economia in seguito alla guerra in Ucraina, alla crisi energetica e all’inflazione, la domanda di lavoro da parte delle imprese si mantiene su livelli simili a quelli registrati nel medesimo periodo del 2019, prima della pandemia da Covid-19. Oggi infatti la difficoltà a reperire personale riguarda il 45,3% dei casi, una percentuale in crescita di 7 punti rispetto all’anno scorso.

Cresce il mismatch tra domanda e offerta di lavoro

L’attenzione va quindi posta in buona parte sul crescente mismatch tra domanda e offerta di lavoro. In base ai dati Excelsior, sulle 329.000 assunzioni programmate per dicembre 149.000 saranno difficoltose o addirittura impossibili. Le imprese motivano la difficoltà nel trovare personale con diversi fattori, a partire dalla mancanza numerica di candidati e dalla loro preparazione inadeguata.
Per quanto riguarda le professioni high skills, i professionisti più difficili da reperire sono gli specialisti nelle scienze della vita (82,7%), i tecnici della salute (62,7%), i tecnici in campo ingegneristico (58,7%), i tecnici di gestione (58,6%), e i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (54,4%).

Aumentano le posizioni disponibili ma non accessibili

È inoltre altissimo il livello di difficoltà dichiarato per la ricerca di dirigenti (72,8%). Quanto invece alle professioni low skills, si presentano difficoltà di reperimento per gli operatori della cura estetica (69,6%), per meccanici, montatori, riparatori e manutentori (69,4%), e per operai di macchine automatiche e semiautomatiche (61,7%). Qual è quindi la soluzione per le imprese, che pur avendo necessità di inserire nuovi talenti non riescono a individuare i necessari candidati?
“Risulta cruciale capire che il problema del mismatch tra domanda e offerta non si è sviluppato dal nulla, e che probabilmente continuerà ad aumentare anche nei prossimi anni, con un concreto aumento dei posti di lavoro disponibili ma non accessibili”, spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati.

Come attirare i talenti?

“Per questo la competitività delle imprese si baserà sempre più sulla capacità di attirare i ‘pochi’ talenti presenti sul mercato del lavoro – continua Adami -. Il primo consiglio è dunque quello di investire sulla propria strategia di employer branding, così da diventare un’opzione naturale per le risorse che sono alla ricerca di una nuova occupazione. Il secondo consiglio è quello di affidare la selezione del personale a dei professionisti come i nostri head hunter, specializzati di volta in volta nei diversi settori. In questo scenario sono infatti poche le aziende che possono permettersi il lusso di ‘sbagliare’ una selezione o di vedere un intero processo di recruiting andare a vuoto”.

post

Le parole del 2022 che definiscono il mondo: da invasione a siccità

Gli esperti di Babbel propongono l’annuale retrospettiva linguistica attraverso l’analisi di alcune parole protagoniste dell’anno trascorso. Il 2022 è stato un anno colmo di avvenimenti, le cui implicazioni si sono spesso avvertite anche a livello internazionale, dall’invasione dell’Ucraina all’inflazione alla siccità, quest’ultima, un chiaro segnale dell’aggravarsi della crisi climatica.
Gli eventi che hanno contraddistinto il 2022 sono stati accompagnati da terminologia ed espressioni specifiche entrate poi a far parte del dibattito pubblico. Termini come ‘guerra’ e ‘invasione’ sono stati utilizzati frequentemente nei giornali italiani. La parola invasione descrive l’irruzione, da parte delle forze armate di uno Stato belligerante, all’interno di un territorio non appartenente a esso. Il termine suggerisce motivazioni illegittime e attitudini violente.

Termini che dipingono uno scenario differente

L’inflazione ha investito molti Paesi, inclusa l’Italia, catalizzando l’attenzione dei media e del dibattito pubblico. Il termine inflazione, derivante dal latino ‘inflatio’, ‘gonfiatura’, indica in economia l’aumento prolungato e costante del livello medio generale dei prezzi in un dato lasso di tempo, determinante una diminuzione del potere d’acquisto della moneta. Se nelle retrospettive linguistiche di Babbel degli anni passati si potevano citare termini come ‘no-vax’ e ‘green pass’, le parole che emergono quest’anno dipingono uno scenario differente, più in linea con ciò che ci si potrebbe aspettare in un mondo post-pandemico. Parole, come ad esempio, Digital Nomads, ‘nomadi digitali’, ovvero chi, rinunciando a una residenza fissa, sceglie di spostarsi di frequente e lavorare primariamente online.

Il linguaggio della pandemia e della precarietà lavorativa

L’insorgere della pandemia e la conseguente precarietà lavorativa hanno indotto numerosi dipendenti a riconsiderare le proprie priorità. Tale fenomeno ha assunto dimensioni macroscopiche negli Stati Uniti, dove si parla di Great Resignation, ‘grande dimissione’. Sempre in risposta a una più diffusa tendenza a voler dare priorità alla sfera privata emergono termini come ‘sleepcation’, neologismo formato dall’unione del verbo ‘to sleep’, ’dormire’ e ‘vacation’,’ vacanza’. Chi nel 2022 si concede una sleepcation decide di trascorrere le proprie ferie in un resort o un hotel allo scopo di riposarsi e recuperare il sonno perso.

Uno strumento per interpretare e comprendere la società

La parola ‘siccità’ deriva dal latino siccus, ‘secco’, indica la carenza di pioggia e, in generale, di umidità per un periodo di tempo prolungato, con forti ripercussioni sull’ambiente e sull’agricoltura, non solo nell’immediato. È infatti comprovata la presenza, a lungo termine, di importanti alterazioni degli ecosistemi, con intere specie vegetali ed animali a rischio. La mancanza di precipitazioni e il rialzo delle temperature per effetto del cambiamento climatico hanno causato, nell’estate del 2022, una siccità senza precedenti nella penisola, con la portata del Po ai minimi storici, riporta Askanews.
“Il nostro impegno nell’analizzare l’anno e nell’elaborare la retrospettiva ha come scopo quello di raccogliere i termini, che registrando un incremento nella frequenza di utilizzo, fotografano un cambiamento più o meno duraturo della nostra quotidianità – commenta Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel – e possono, quindi, servire come strumento per interpretare e comprendere la società”.

post

Quasi la metà degli italiani effettua la maggior parte degli acquisti online

Quasi la metà degli italiani, precisamente il 46%, oggi dichiara di effettuare oltre il 60% dei propri acquisti online, mentre prima della pandemia la quota era appena il 20%. Una percentuale che mostra, quindi, come sia più che raddoppiato il numero delle persone che oggi preferisce l’e-commerce rispetto alle tradizionali attività di acquisto. È quanto emerge da un recente sondaggio condotto da Skebby.it, piattaforma che offre servizi professionali di mobile marketing & service, e svolto in collaborazione con Pollfish. 

In Italia l’incremento è del +130%

L’indagine è stata effettuata nel mese di maggio 2022 su un campione di 3.004 persone residenti in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. I dati rivelano come il boom dell’e-commerce abbia riguardato tutti i principali paesi europei, con valori e trend di crescita non troppo dissimili tra loro. Il nostro paese è però quello dove l’effettivo incremento di acquisti online è stato maggiore rispetto agli altri, con una crescita del +130%.

Raddoppia la percentuale in Germania, Regno Unito e Francia

La Germania, ad esempio, prima della pandemia si attestava con una quota del 22% di persone che effettuavano la maggior parte dei loro acquisti online, mentre oggi il dato è pari al 45%. La Spagna invece è passata dal 25% al 47%, e il Regno Unito, che dei paesi oggetto dell’indagine è quello dove la propensione verso l’e-commerce è tradizionalmente più forte, è passato dal 27% al 53%. Il raddoppio della percentuale si è verificato poi anche in Francia, il paese dove l’e-commerce nel 2020 veniva utilizzato da appena il 19% dei consumatori per arrivare oggi al 38%.

Cresce l’uso di strumenti per comunicare con i clienti nelle fasi di acquisto

“La pandemia ha indiscutibilmente contribuito alla crescita dell’e-commerce e il nostro sondaggio ne mostra l’effettiva portata sia in Italia sia negli altri paesi del nostro continente – ha affermato Domitilla Cortelletti, Marketing Manager di Skebby.it -. Parallelamente al deciso incremento alle vendite online, si è assistito anche a un sensibile aumento dell’uso di strumenti per comunicare con i clienti nelle varie fasi dell’acquisto, dalla conferma dell’ordine a quella di spedizione e di consegna della merce – ha aggiunto Cortelletti -. Tra questi spiccano su tutti gli sms, che grazie agli elevati tassi di lettura e alla quasi assenza di spam, sono spesso preferiti alle e-mail da parte delle aziende che si occupano di commercio elettronico”.

post

Black Friday, cosa e dove comprano gli italiani?

Puntuale come anno, anche nel 2022 il Black Friday cade il quarto venerdì del mese di novembre, sulla scia della tradizione americana. L’appuntamento, che negli Usa apre ufficialmente il periodo degli acquisti di Natale con sconti e offerte, è diventato famosissimo anche dalle nostre parti. Tanto che la gran parte degli italiani effettua compere, approfittando delle riduzioni di prezzo previste da brand ed e-commerce. Ma quali sono i prodotti preferiti dai nostri connazionali e dunque i più acquistati? Ancora, dove vengono effettuate le transazioni? A queste e ad altre molte domande, utili a comprendere le tendenze e le abitudini di spesa degli italiani, ha risposto una recente indagine condotta da Ipsos per Confcommercio.

Sì allo shopping digitale, ni a quello “fisico”  

Secondo i dati raccolti dall’analisi, il Black Friday è connotato come un evento principalmente online. Tanto che solo il 29% degli italiani ha intenzione di acquistare in un negozio di prossimità (il 15% in un negozio di vicinato multimarca e il 14% in un negozio monomarca). Invece, dall’analisi emerge come il 64% degli intervistati indichi le piattaforme di eCommerce come principale canale per gli acquisti del Black Friday, seguono i portali online delle catene multimarca (43%) e l’acquisto direttamente sul sito web dei produttori (29%). Infine, un ulteriore 40% prevede di acquistare anche presso i punti vendita fisici delle grandi catene e il 19% presso supermercati e ipermercati.

Cosa si acquista?

I prodotti moda risultano essere i più gettonati e desiderati: il 64% degli intervistati ha intenzione di approfittare degli sconti e di acquistare capi d’abbigliamento, calzature o accessori moda. Seguono elettronica e informatica, che raccolgono il 57% delle intenzioni di acquisto, ed elettrodomestici – dalle tv alle lavatrici – indicati dal 41%, mentre il 32% menziona prodotti per la casa. Infine, una minoranza (9%) è interessata a diversi tipi di prodotti, principalmente giocattoli, libri, oggetti da collezione, cosmetici e altri prodotti di profumeria.

Quanti comprano? 

I fan dello shopping in occasione dell’evento di novembre sono circa 12,7 milioni. Tanti sono gli italiani che hanno deciso di approfittare degli sconti e di fare almeno un acquisto durante la settimana del Black Friday, con un budget medio di circa 261 euro a persona, per un totale di 3,3 miliardi di euro. La somma media è più alta al Nord e nelle regioni del Centro (rispettivamente 282,7 euro e 281,94 euro) rispetto a Sud e Isole (232,22 euro). Per quanto riguarda età e genere, i maggiori spenders sono gli over35 (286,26 euro previsti) e gli uomini (301,81 euro). Il 57% di chi comprerà al Black Friday dichiara di voler utilizzare l’occasione per acquistare già un regalo di Natale. Complessivamente, secondo le stime di Confesercenti, circa 1,9 miliardi di euro di spesa per i regali di Natale sarà ‘anticipata’ alla settimana del Black Friday.

post

Pagamenti: gli italiani sono favorevoli al “tetto” al contante?

Il 62% dei nostri connazionali è favorevole al tetto ai pagamenti in denaro contante, con il 24,2% che indica nella cifra di 2.000 euro il punto dove porre il limite. Il tema dell’abolizione del tetto al contante è un argomento molto discusso ultimamente, e Facile.it ha condotto un sondaggio insieme agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat per sondare l’opinione degli italiani. La ricerca è stata svolta tra il 2 e il 4 novembre 2022 attraverso la somministrazione di 1.018 interviste CAWI a un campione di individui in età compresa fra 18 e 74 anni, rappresentativo della popolazione italiana adulta residente sull’intero territorio nazionale

L’identikit dei favorevoli, dei contrari e di chi non ne sa nulla

A essere favorevoli al tetto sono principalmente gli italiani con età compresa fra 25 e 34 anni, il 64,2%, quelli con più di 65 anni, il 63,8%, coloro in possesso di un titolo di studio elevato, il 65%, e i residenti in comuni con un numero di abitanti compreso fra 10.000 e 30.000 (64%).
Quanto a chi è contrario a porre un limite ai pagamenti in denaro contante, si tratta soprattutto individui con età compresa fra 55 e 64 anni (44,7%), chi possiede un titolo di studio fino al primo grado di istruzione (46,9%), i residenti nel Nord Est (38,5%, e 44,7% nel solo Veneto) e in comuni più piccoli, quelli con un massimo di 10.000 abitanti (38,9%). Una percentuale abbastanza rilevante, pari al 3,4% degli intervistati, ovvero 1.506.000 individui, dichiara però di non avere la più vaga idea di cosa sia il tetto ai pagamenti in denaro contante.

La soglia giusta è di 2.000 euro

Si è discusso molto anche sull’entità del limite da imporre ai pagamenti. E Facile.it ha chiesto agli intervistati del campione a quale cifra porrebbero il limite ai pagamenti in denaro contante se fossero loro a scegliere. A questa domanda quasi un intervistato su 4 tra chi è favorevole (il 24,2%), indica come soglia ideale 2.000 euro, secondo il 22,1%, la cifra “giusta” è pari a 5.000 euro, e per il 19,6% il tetto massimo corrisponde addirittura a solo 1.000 euro.

Una misura utile anche alla lotta all’evasione fiscale

Fra i sostenitori del tetto al limite di pagamento in contanti molti sostengono che si tratta di una misura utile anche al contrasto dell’evasione fiscale, e secondo quanto emerso dall’indagine, la pensano allo stesso modo il 56,2% degli intervistati. Mentre quasi un italiano su 3, pari al il 32,3%, ritiene questa azione non adatta allo scopo.

post

Perchè il discount piace sempre di più ai consumatori italiani?

Sgomberiamo subito il campo: non si tratta solo di una questione di prezzi. Gli italiani apprezzano sempre di più il format del discount per molteplici motivi, non necessariamente legati allo scontrino leggero. Oggi, infatti, anche i target più evoluti e gli appassionati di food frequentano sempre di più queste insegne. Lo evidenziano i dati dati di GfK Consumer Panel, che mettono in luce come i consumatori nell’ultimo biennio stiano preferendo maggiormente il canale Online, i Drugstore e soprattutto i Discount, mentre tutti gli altri canali segnano una contrazione negli affari.

Quali sono le ragioni del successo?

Sono molteplici e variegate le ragioni che stanno dietro all’exploit dei discount. Dall’apertura di tantissimi nuovi punti vendita agli investimenti in comunicazione, dalla promozionalità all’evoluzione dell’assortimento con l’inclusione di brand affermati ma anche di prodotti internazionali o di nicchia, difficili da trovare altrove. Sicuramente – rispetto a qualche anno fa – non è più solo il prezzo competitivo a caratterizzare l’offerta di queste insegne: un riposizionamento che emerge chiaramente dall’analisi dei consumatori che oggi fanno la spesa al discount. Secondo i dati GfK Sinottica, infatti, negli ultimi anni la penetrazione di questo tipo di insegne è cresciuta presso tutti i target, ma in particolare presso le componenti più evolute ed elitarie della popolazione, per le quali il prezzo non è sicuramente il primo fattore nella scelta del punto vendita. Guardando invece alla segmentazione della popolazione basata sugli Stili Alimentari emerge una crescita della penetrazione dei discount particolarmente accentuata presso i cluster più dinamici, curiosi e “metropolitani”. 

Food Lover, Food Player e Urban Taster

A scegliere sempre più spesso – rispetto al passato – di fare la spesa su questo canale sono infatti i Food Lover (4,2 milioni di italiani, un target prevalentemente femminile e moderno, con conoscenze e competenze elevate in cucina), i Food Player (4,4 milioni di italiani, un target giovane, evoluto e prevalentemente femminile che ama sperimentare in cucina, con un occhio alla linea e alla sostenibilità) e gli Urban Taster (8,8 milioni di italiani, un target più adulto, cittadino e con risorse elevate, che ama la sperimentazione e la convivialità). Un altro aspetto non secondario che “fa vincere” i discount rispetto a canali più classici è la capacità di comunicare con il pubblico, tanto che la loro comunicazione pubblicitaria ottiene risultati migliori rispetto a quelli della Gdo.

post

Le tre tipologie del lavoro a distanza e il loro livello di engagement

Lo smart working, introdotto dalle aziende “in corsa” per l’emergenza sanitaria, è diventato a tutti gli effetti una modalità di lavoro estremamente diffusa e applicata. Tanto che, a oggi, sono ancora 3,6 milioni i lavoratori da remoto. Anche se si tratta di circa 500 mila unità in meno rispetto al 2021, con un calo in particolare nella Pubblica Amministrazione, le previsioni parlano di un graduale aumento del remote working nel corso del 2023, fino a 3,63 milioni, grazie al consolidamento dei modelli di smart working nelle grandi imprese e a un’ipotesi di incremento nel settore pubblico. I dati sono il frutto della ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

I profili dei lavoratori 

Ma chi sono i lavoratori a distanza, e di quale tipologia? A questo quesito risponde ancora la ricerca, evidenziando che in base alla modalità di lavoro adottata, è possibile identificare tre profili di lavoratori. Si tratta di on-site worker, che lavorano stabilmente presso la sede di lavoro, lavoratori remote non smart, che hanno la possibilità di lavorare da remoto ma non altre forme di flessibilità, e smart worker, che hanno flessibilità sia di luogo sia oraria e lavorano secondo una logica orientata agli obiettivi. Analizzando il benessere dei lavoratori sia dal punto di vista psicologico che relazionale, gli smart worker hanno migliori risultati sia rispetto agli on-site worker sia ai lavoratori remote non smart. Questi ultimi mostrano livelli di benessere più bassi non solo rispetto agli smart worker, ma su molte dimensioni anche rispetto ai lavoratori on-site che non hanno la possibilità di lavorare da remoto. La sola possibilità di lavorare da remoto, se non accompagnata da un’opportuna revisione del modello organizzativo, non dà benefici ai lavoratori in termini di benessere ed engagement. 

Benessere più elevato fra gli smart worker

I lavoratori che manifestano i livelli più elevati di benessere sono infatti gli smart worker, tra i quali il 13% risulta pienamente ingaggiato, mentre i lavoratori remote non smart privi di flessibilità ulteriori oltre a quelle di luogo di lavoro, risultano avere minore benessere e un livello di engagement molto basso (6%), inferiore non solo ai veri smart worker, ma anche ai lavoratori on-site (12%). Il solo lavoro da remoto, cioè, se non inserito in una cornice più ampia di flessibilità e revisione dei processi, non porta benefici né a livello personale né organizzativo, ma può invece condurre a esiti più negativi persino rispetto a chi non ha alcuna forma di flessibilità come i lavoratori on-site. Chi ha applicato lo smart working in modo emergenziale durante la pandemia deve essere consapevole che, se tornare indietro a un modello tradizionale di lavoro on-site può risultare difficile o impopolare, fermarsi a una applicazione superficiale, senza un’evoluzione coerente del modello organizzativo e manageriale che preveda una crescita di autonomia nella gestione degli orari e nel lavoro per obiettivi, rischia di non far ottenere benefici di miglioramento di produttività e benessere, e addirittura peggiorare la situazione rispetto a una condizione tradizionale di lavoro on-site.